venerdì 25 ottobre 2013

Il gioco dell'oca?

Il processo di guarigione da un DCA è per ciascuno diverso. A lungo, ho creduto che per me fosse un po' come il gioco dell'oca. Ho tirato i dadi migliaia di volte. A volte procedevo, a volte tornavo inesorabilmente alla casella di partenza, altre rimanevo bloccata in un punto per turni e turni. Poi, ad un certo punto, ho capito di non aver mai davvero "tirato dadi". Tirare i dadi è un abbandonarsi alla sorte, al caso. Non sei responsabile del numero che esce.
In un processo di guarigione, non funziona così. Non ci sono dadi, ma tu stesso ti muovi sulle caselle, e, di casella in casella, cambi. Cambi profondamente, non solo quando avanzi, ma anche quando ti sembra di essere sempre uguale a te stessa. O peggio di prima.

Io lo so che si sente spesso dire "lottare contro i DCA", "lottare con l'anoressia/bulimia", "campagne contro i DCA", il "uscire dal tunnel dell'anoressia". E va bene così. I DCA sono malattie e come tali vanno riconosciute. Ma mi sembra che queste espressioni possano essere fourvianti, ai fini pratici. Mi spiego: quando guarisci, non devi lottare proprio contro di niente. Perchè non esiste una "signora anoressia", che alberga nel corpo di ogni anoressica. Esiste solo l'anoressica. Che è già sufficientemente in lotta contro l'autentica parte di se stessa per poter anche lottare contro un qualcosa dipinto come altro da sè. Smettere di lottare, di vessarsi, di cercare di plasmarmi sempre più verso un sè perfetto e inesistente: ecco come ho cominciato a guarire.

Io credo che questo sia un concetto importante, perchè ad un livello non specialistico (quindi al di fuori di psichiatri e psicologi) ci sono molti fraintendimenti. Per molti, l'anoressica è una persona che ha problemi con il cibo e quindi non mangia. Il passo logico successivo è che la guarigione, per l'anoressica, corrisponda alla rialimentazione. Niente di più falso. Riprendere a mangiare è un passo fondamentale e che ha la potenza di tranquillizzare moltissimo parenti e amici. Ma, per quanto mi riguarda, ha avuto una valenza pari a zero nel processo di guarigione, pur essendo stato un momento molto sofferto e ostico.

Io ora non sono considerabile "anoressica" (secondo i criteri Assolutamente Specificati) e non ne ho più la mentalità totalizzante, quindi, detta con parole popolari, sono "uscita" dall'anoressia, con qualche esito. Di sicuro tornerò su questo punto. Ma non sono uscita dai DCA. Soffro di uno di quei NAS, che si chiama Chew and Spit. Chi sa l'inglese, magari, già storce il naso. Per chi non sa l'inglese, significa che mastichi e sputi il cibo, in quantità più o meno consistenti. C'è chi lo considera un comportamento anoressiforme, perchè vede il "masticare e sputare" come un'alternativa al "non mangiare" (della serie: ho fame, ma non sono in grado di "concedermi" di mangiare: quindi mastico il cibo, come a concedermelo, ma poi lo sputo per non assimilarlo). Può essere. Per quanto mi riguarda, non credo che sia così. Credo che Chew and Spit sia più un'aborto di abbuffata, legata ad un quadro emozionale, in cui il cibo non è più uno strumento di controllo, ma una valvola di sfogo.

Ma queste sono solo parole. A che punto sono io, adesso? In realtà, mi ritrovo ad affrontare questo problema, perchè ho difficoltà ad interrompere questa condotta alimentare (che avviene dopo cena e al di fuori della normale alimentazione) e ho una paura folle. Perchè le cose mi stanno andando bene, se non fosse per questo. Devo parlarne con la mia psicologa, ma non riesco mai a farlo, perchè mi freno ogni volta. Sto facendo progressi, perchè ogni sera arrivo più vicina ad evitare un nuovo episodio, talvolta riesco anche ad evitarlo. Vorrei che quello di questa sera fosse l'ultimo. E che qualcuno cominciasse a contare con me i giorni, da domani.

Un'ultima cosa e poi per stasera vi lascio. Leggete l'ultima frase del precedente paragrafo, quella in grassetto.  "E che qualcuno cominciasse a contare con me i giorni, da domani". Un grande problema nella guarigione dall'anoressia, per me, è stato proprio questo: non ho trovato modo di parlarne, un po' perchè mi rifiutavo, un po' perchè avevo paura di una reazione ostile degli altri (un allontanamento) o addirittura una reazione invasva (es. mi dici che sei anoressica e non mangi, quindi io devo assicurarmi del fatto che tu mangi e quindi assillarti allo sfinimento). Un'anoressica (almeno, per me era così!) vuole che gli altri stiano ben fuori dai coglioni e non le tocchino l'argomento cibo, perchè l'intervento di altri sul cibo, sulle porzioni o sulla sua qualità è fortemente intrusivo, in quanto agisce direttamente sul mezzo che - nella mente dell'anoressica - la porterà verso ciò che idealmente è perfetto. Quindi, alla fine, si isola. Non perchè "voglia" isolarsi, ma perchè il prezzo da pagare per non rischiare interferenze intrusive e destabilizzanti è l'isolamento. E' un "isolamento protettivo".
Con l'isolamento, però, vengono anche le difficoltà. Quando cerchi di guarire è difficile farlo da sola. Avresti bisogno di un sostegno che non sia solo quello di una psichiatra e di una psicologa. A volte vorresti qualcuno che (appunto) conti i giorni con te, qualcuno di cui fidarti, che ti stia a sentire senza necessariamente dover commentare o fare qualcosa. Qualcuno che si prenda cura di te. E guardate cosa ho scritto io ora. "Vorrei che qualcuno contasse i giorni con me". Sapete perchè l'ho scritto? Perchè ho bisogno di sapere che per qualcuno valgo. E questo avviene perchè per me non valgo ancora abbastanza. Per me, guarire dai miei DCA significa essere testimone delle mie vittorie. Diventare la mia prima sostenitrice. Diventare padrona dei miei obiettivi. Non lotto contro niente e nessuno. Piuttosto ricostruisco quello che è rimasto di me e cerco di sentirlo mio. Perchè è tutto quello che ho. E non è poco.

Credete sempre di poter risolvere i vostri problemi,
Vale


3 commenti:

  1. Cara Vale, ti ringrazio per essere passata dal mio blog e per avermi così permesso di conoscere il tuo. Rispondendo alla tua domanda, mi farebbe molto piacere poter fare uno scambio di link tra i nostri due blog, perchè sono profondamente convinta del fatto che l'unione faccia la forza, per cui creare una rete virtuale in cui cerchiamo di sostenerci a vicenda per continuare a combattere quotidianamente contro il DCA possa essere, nel suo piccolo, un qualcosa che ci aiuta a stare meglio.

    Cosa significa secondo me "guarire" dall'anoressia?
    Bè, premetto che secondo me la parola “guarigione” è inappropriata per malattie come i DCA, indicando con il termine “guarigione” (in senso strettamente medico) la completa remissione di tutti i segni e i sintomi, sia fisici che psicologici, inerenti una determinata malattia. La mia personale opinione è che non si possa guarire da un DCA nel senso proprio del termine: per quanto il peso corretto possa essere recuperato, rimarrà sempre in noi qualcosa di questa malattia, una vocina nella testa, un approccio non proprio spontaneo al cibo, una tentazione.

    Tuttavia, credo fermamente nel fatto che sia assolutamente possibile avere una remissione dell’anoressia. Avere una remissione significa che la voce dell’anoressia è sempre presente da qualche parte dentro di noi, e parla… ma che noi decidiamo scientemente, giorno dopo giorno, di non assecondarla, seguendo uno stile alimentare e uno stile di vita regolari. Essere consce della presenza interiore dell’anoressia, ma avere un corpo sano ed utilizzare strategie di coping differenti dalla restrizione alimentare: ecco cos’è la remissione… ed è un traguardo cui credo fermamente possiamo arrivare tutte quante, nessuna eccezione. Un traguardo per cui dobbiamo continuare a lottare.

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  2. Ciao Veggie, grazie per essere passata! Mi ha fatto molto piacere!
    In realtà, quando parliamo di guarigione, parliamo di due cose diverse. Non mi son espressa chiaramente. Tu parli di guarigione in termini medici, giustamente. Io, dai termini medici, mi tengo volutamente distante. Abbiamo due storie diverse, con esperienze diverse. Per me, guarire è stato capire il meccanismo, capire l'errore e mettermi nell'impossibilità di ricaderci. Io non potrei ricadere nell'anoressia, perchè ho capito che nella mia malattia ho utilizzato il cibo come un mezzo verso una condizione che reputavo mi avrebbe reso felice. Ma poi ho capito di aver mischiato le carte in tavola e che quella condizione di felicità era la mia idea di perfezione, che non poteva essere realtà, perchè la realtà è perfettibile (e quindi imperfetta). Ho capito questo concetto nella mia storia personale e mi è risultato chiaro quali siano stati i punti cardine della costruzione della mia ex condizione. Non ho voci interne nè tentazioni, questo per me è essere guarita. Parlo di anoressia, sia chiaro. L'approccio non spontaneo al cibo resta un problema aperto e penso me lo terrò. Almeno per un po'. Come ho accennato, sto affrontando un altro DCA ora, quindi è evidente che il cibo non sia solo cibo per me e la mia alimentazione non sia regolata dalla fame e dal bisogno. È un caso che io sia passata dal rifiuto più totale del cibo, legato alla vessazione verso me stessa imperfetta, a un comportamento di attaccamento al cibo, in cui celo, almeno in parte, le mie paure? Secondo me, no. Sono due cose che si inanellano facilmente. Quindi i miei problemi col cibo non sono finiti, ma è finito il rifiuto di me stessa. Io non voglio più negarmi, ma sono disposta a vivere "con me stessa" e non "per una me ideale". Ecco, forse questo intendevo quando dicevo guarire: è stato questo passaggio interno che ha sancito la fine, per me, dell'anoressia.
    Vale

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    1. Cara Vale, grazie mille per la tua risposta e le tue precisazioni, che mi hanno permesso di comprendere meglio quello che intendevi dire. Ora capisco cosa intendevi dire scrivendo che "sei guarita dall'anoressia"... è uno scarto che io non ho, semplicemente perchè, appunto, il mio DCA è sempre stato e tuttora è proprio l'anoressia, e nient'altro. Detto questo, anch'io non credo che ricadrò nella restrizione alimentare (ovviamente il mio unico sintomo, in quanto la mia è stata ed è una storia di anoressia restrittiva), perchè adesso sono consapevole che si trattasse soltanto di una strategia di coping che mi faceva (illusoriamente) sentire di avere il controllo... e io volevo (patologicamente) avere il controllo su ogni singolo aspetto della mia vita.
      Poi, certo, è ovvio che abbiamo storie ed esperienze diverse... perchè ogni persona è una storia a sè... infatti, come amo spesso ripetere nel mio blog, secondo me non bisognerebbe parlare di "Anoressia" per antonomasia... bensì di "anoressie": una per ogni persona che ne è affetta, perchè ognuna di noi ha il suo background, il suo carattere, la sua personalità, le sue peculiarità... Però credo che il positivo stia proprio nel fatto che, pur essendo persone completamente diverse e con storie totalmente differenti, possiamo comunque stare qui, condividere le nostre esperienze... perchè è proprio dalla diversità che si può trovare una fonte di arricchimento.

      P.S.= Ho messo il link del tuo blog sul mio, nella colonnina di destra, sotto la sezione "Guerriere della Luce"!!... ^__^

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